venerdì 5 ottobre 2012

Un'altra recensione!!!

Anche Gabriele Capolino per CINEblog.it recensisce il film di Virzì! 

Dopo aver azzeccato due film molto acclamati di fila come Tutta la vita davanti e La prima cosa bella, Paolo Virzì torna con Tutti i santi giorni, tratto liberamente da La generazione di Simone Lanza, che ha contribuito a scrivere la sceneggiatura. E non solo fa nuovamente centro, ma dà segno di una maturità che può lasciare seriamente stupiti. Perché la sua nuova opera ha un respiro ampio, internazionale, senza che questo scalfisca il suo “essere italiano”.
Tutti i santi giorni è, in fin dei conti, l’Away We Go di Virzì: ovvero la storia di un uomo e una donna che tentano di trovare il loro posto nel mondo come coppia. Guido è timido, riservato, coltissimo. Antonia è irrequieta, permalosa e un po’ ignorante. Lui lavora come portiere di notte in un grande hotel, ma è laureato in lingue antiche e sa tutto sui santi. Lei è un’ aspirante cantante e lavora in un autonoleggio. Si vedono solo la mattina presto quando Guido torna dal lavoro e la sveglia con la colazione.
Tutti i santi giorni si amano, nonostante siano l’uno l’opposto dell’altra, sia come caratteri, sia come stili di vita. Li unisce, ora più che mai, l’idea di avere un primo figlio. Un figlio che però non arriva. Mai. E quando cominciano i test, le cure e le sperimentazioni, l’equilibrio rischia di essere messo davvero a rischio: ma Guido e Antonia continuano a marciare assieme…


In una Roma in cui si cita il Colosseo ma non lo si vede mai, e quindi in una Roma non da cartolina, Virzì immerge i suoi due protagonisti e ne osserva il percorso di vita assieme. Vince subito nella scelta degli attori, che da soli portano a casa almeno metà risultato. Luca Marinelli è il nuovo Filippo Timi, un attore meraviglioso che conferma e supera alla grande il talento dimostrato in La solitudine dei numeri primi e L’ultimo terrestre. Il ruolo che gli viene assegnato è quasi “impossibile” nella sua educazione, nella sua gentilezza e cultura: ma Marinelli, con grazia, lo rende umano e credibile sin da subito.

Una vera scoperta risulta essere, ovviamente, Federica Victoria Caiozzo, ovvero Thony. Cantante palermitana scovata all’epoca su MySpace, la ragazza regala alla sua Antonia una spontaneità contagiosa, rendendo il suo personaggio irresistibile. Inoltre, la cantante firma tutta la colonna sonora della pellicola, composta interamente da bellissimi e delicati brani in inglese (e in uscita un paio di giorni prima della distribuzione del film: segnamocelo in agenda).
Se il film funziona così bene, è grazie all’alchimia che s’instaura tra i due protagonisti. I momenti di intimità sono scritti in punta di penna ed interpretati benissimo, e colpisce la capacità del film di rendere lo spettatore partecipe di tutte le sfumature dei suoi due personaggi. Il fatto che Guido rinunci ad una carriera in America per stare vicino ad Antonia potrebbe sembrare un passaggio forzato, ed invece è inserito dentro ad un meccanismo ben oliato: ovvero in una sceneggiatura calibrata e studiata. Merce rara.
Si ride e ci si emoziona parecchio, in Tutti i santi giorni, perché si è in totale complicità con i protagonisti. Ecco perché questo è l’Away We Go di Virzì: perché ha le qualità di quel cinema indie spesso snobbato e guardato con la puzza sotto al naso, ma che sa regalare momenti di onestà che dovremmo tenerci stretti. E, nota per niente marginale, il film riesce anche a parlare di “crisi” senza mai citare nulla a riguardo in modo diretto. Questo perché il regista è interessato innanzitutto al percorso dei suoi personaggi, e vuole “semplicemente” raccontare una storia d’amore.
Condito con dialoghi naturali, alcune idee divertenti (il “ginecologo del Papa”!), e momenti surreali ed onirici (Guido che, durante i suoi esami per lo spermiogramma, deve “pensare” a qualcosa per eccitarsi), Tutti i santi giorni ha anche un’idea di casting a suo modo “geniale”: quella di Claudio Pallitto nel ruolo del vicino di casa tamarro, violento e vigliaccio della coppia. Il ragazzo viene da un reality show, Tamarreide: quello stesso reality che il suo personaggio decide di fare proprio dopo aver abbandonato la moglie incinta del terzo figlio…
Forse il film poteva finire in un momento ben preciso dopo una dissolvenza in nero, poi però ricomincia e si fa un po’ fatica a rientrarci dentro. Ma quando si rientra, e quando il film si chiude per davvero, si capiscono e si “accettano” le motivazioni di Virzì. C’è chi dovrà portare i fazzoletti: non perché ci sia una scena clamorosa o un momento in particolare per cui ci si commuove, ma perché è il mood che scava nelle emozioni. E con un’atmosfera del genere non ci si può fare niente. Come mai a Venezia fosse in concorso Un giorno speciale - che condivide più di qualcosa con l’opera di Virzì - e non Tutti i santi giorni, resterà per un po’ una bella domanda.
Voto di Gabriele: 8

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