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Una commedia sentimentale. Un amore che nella sua normale complessità
riesce a far sorridere e a intenerire, a tratti commuovere. E' uscito
ieri l’ultimo film di Paolo Virzì , Tutti i Santi Giorni , liberamente ispirato al romanzo La Generazione di Simone Lenzi .
Protagonisti una coppia di trentenni, lei una siciliana fuggita via da
una terra con troppo sole e una famiglia troppo ingombrante, una ribelle
rockettara dalla voce dolce e malinconica, lui un ragazzo colto e di
una gentilezza antica, un latinista con la passione per le vite dei
santi proto cristiani, che spiega agli altri l’etimologia delle parole,
praticamente un affronto alla volgarità che lo circonda.
Guido
e Antonia così diversi da sembrare improbabili, eppure insieme sono un incastro perfetto, l'uno per l'altra la vera cura.
Lui lavora in hotel come portiere di notte, rinunciando senza
ripensamenti a una cattedra di studi classici in America; quel lavoro in
fondo gli piace, la notte e il silenzio sono il binomio ideale per
leggere; lei di giorno impiegata in un autonoleggio, di sera invece
cantante nei bar.
Virzì sceglie stavolta una storia "minore", in un tempo di precarietà e
sbandamento come quello in cui ci troviamo a vivere c’è ansia di
normalità. La ripetizione è un concetto che il nostro tempo ha frainteso
prima e snobbato poi, dimenticando che invece è proprio la quotidianità
che salva. Quella di Guido che ogni mattina presto, di ritorno dal
lavoro prepara la colazione per Antonia. Ad ogni buongiorno, tra il
caffè e i biscotti per lei, la vita di un santo. Poi fanno l’amore, ogni
volta e non per abitudine ma per reitarato desiderio di vita. Quella di
Antonia così autentica e folle nella sua trasgressione, eppure così
fragile nella sua voglia di maternità, di tradizione, la stessa che si è
lasciata alle spalle per senso di ribellione giovanile e in rapporto
alla quale ora a trent’anni si sente inadeguata. Si perderanno Guido e
Antonia e sapranno ritrovarsi come succede a chi vive l’amore che sa
durare.
Aver scelto degli interpreti così poco conosciuti,
Luca Farinelli è un attore emergente (ha recitato in La solitudine dei numeri primi) e Federica Caiozzo
è alla sua prima esperienza d’attrice (lei nella vita fa davvero la
cantante, il suo nome d’arte è Thony, le canzoni nel film sono le sue)
oltre a costituire la cifra stilistica del film di Virzì, il suo
realismo, nasconde forse anche un messaggio sociale, una speranza.
Ripartire dalle cose e dalle persone vere, riscoprire le cose che
contano, rischiare la normalità.
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