Dopo aver trasposto in commedia alcuni dei tratti più grotteschi e a volte tragici della nostra società e del modo in cui viene contaminata dalla politica, con Tutti i santi giorni, Paolo Virzì si vota a una storia apparentemente più intima, d’amore. Tratto dal romanzo La Generazione dello scrittore (e per l’occasione anche sceneggiatore) Simone Lenzi, il film segue infatti due trentenni di oggi, Antonia e Guido, nel loro tenace tentativo di avere un figlio per coronare il forte sentimento che li lega. Nonostante ci provino con tutta la buona volontà, tutti i santi giorni, per l’appunto, questa gravidanza stenta però ad arrivare, trascinandoli in un labirinto di cure per la fertilità, medici bigotti, fecondazione assistita ecc, in cui la solidità del loro rapporto e delle loro stesse vite sarà messa a durissima prova.
“A colpirmi, è stata la leggerezza e l’intelligenza con cui il libro raccontava una storia così struggente. È incredibile l’autenticità con cui Simone è riuscito a cogliere la grandissima storia d’amore dietro questa ricerca quasi disperata di avere un figlio. Ho capito subito che lì c’era una grande intensità di narrazione umana”.Così Paolo Virzì ha spiegato le ragioni che l’hanno spinto a realizzare questo adattamento, presentando ieri il film alla stampa:
“L’amore non è un sentimento facile da raccontare, si rischia di cadere in mielaggini e fasullaggini, ma in questa storia si percepisce che è vero. Poi certo, c’è il tema della gravidanza e della fecondazione assistita. Ma più dei temi a me interessano i personaggi, quelli che riescono a entrarti dentro, a colpirti con il loro fascino e la loro simpatia”.Per il regista, tuttavia, sarebbe scorretto parlare di un “disimpegno”, rispetto alle sue opere precedenti:
“Ho cominciato a fare il regista con La bella vita, che era la storia di un triangolo amoroso. Mi è sempre interessato raccontare le vicende umane e anche negli altri lavori ho cercato di evitare che trattando temi di rilevanza giornalistica, nazionale o politica, i personaggi passassero in secondo piano. Non è con un tema che si può fare un cinema. Per come la vedo io, un film è il racconto della vita di una persona. Poi di questioni ne abbiamo sfiorate tante. Non solo la procreazione, ma anche la sottoutilizzazione dei talenti e delle capacità dei giovani. Guido, il protagonista, come dice il fratello che fa il professore universitario negli Stati Uniti, è il più grande esperto mondiale di santi e martiri proto cristiani, ma fa il portiere in un hotel. E lo fa con grande tranquillità, come se ormai lo dessimo per scontato, per acquisito, come se la bomba fosse già scoppiata. Ormai lo scenario di Tutta la vita davanti è sorpassato. Volevo raccontare il gelo del nostro Paese, in cui però incredibilmente riusciamo anche a trovare un’Antonia e un Guido”.Il regista sembra perciò guardare ai suoi personaggi come a delle persone vere, prestate solo per un momento al grande schermo:
“Sono una coppia un po’ particolare, lui così calmo e pacato, lei riottosa e sciagurata. Siamo arrivati al paradosso per cui ora sembra vero solo ciò che viene narrato, mentre ciò che non è oggetto di racconto sparisce, per cui ci sembrano più veri i Batman che non Guido e Antonia. Io credo invece che di ragazzi come loro ce ne siano tanti nelle nostre periferie, pur nella loro eccentricità”.Meno facile è stato invece trovare gli interpreti per dare volto a questi due ragazzi, cioè la cantautrice esordiente Thony e Luca Marinelli:
“Cercavamo la verità, è questo è un dono che gli attori possono portare una volta sola nella loro vita, cioè la loro prima volta. Per il ruolo di Antonia, inoltre, ci serviva qualcuno che potesse portare le sue canzoni. Simone, come membro dei Virginiana Miller, era l’esperto, quindi ci ha fatto vedere qualche musicista su MySpace. Thony mi ha colpito per questo nome che non sapevo bene come pronunciare, per le sue belle canzoni che scrive in inglese, nonostante sia siciliana. Ci piaceva molto e l’abbiamo voluta incontrare, ma con una certa circospezione, perché il rischio di trovarci davanti una pazza esaltata era concreto. Invece abbiamo trovato lei, che non era folle ma ci sembrava poco interessata a fare l’attrice. Sembrava non le importasse nulla, e questo mi ha convinto ancora di più. Luca invece lo abbiamo già visto ne La solitudine dei numeri primi, dove subiva una trasformazione non indifferente, e poi ne L’Ultimo Terrestre di Gipi, dove addirittura faceva un trans. Sapevo perciò che era un trasformista, e infatti da ragazzo di Monte Mario qual è, è riuscito perfettamente a sembrare un latinista dal forte accento toscano. Ci ha conquistato con la sua finezza, la sua dolcezza e anche sua bellezza. Credo che ormai si sia capito che sarà uno dei protagonisti delle prossime stagioni cinematografiche, e se non si fosse capito ve lo spiego io”.
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