Dimenticate la satira sociale graffiante di Tutta la vita davanti, o il commovente melodramma intergenerazionale di La prima cosa bella. Con Tutti i santi giorni, Paolo Virzì cambia registro. Proponendo al suo pubblico una commedia romantica, senza troppe altre pretese: la storia di due trentenni dai caratteri e dal background opposti, che tentano disperatamente di avere un bambino. "Ma più che il tema della fecondazione assistita - spiega il regista - volevo raccontare una storia d'amore. Centrata su una coppia eccentrica, che si muove nel gelo e nella ferocia della società italiana. Parlare di un sentimento così forte non è facile: ma è questa la sfida che volevo affrontare".
Nelle sale da giovedì prossimo in ben trecento copie, tratta dal libro La generazione di Simone Lenzi (Dalai editore), la pellicola ha come protagonisti
Quando gli si chiede se questo film rappresenti un'evasione rispetto alla triste realtà italiana di oggi, Virzì confessa il suo desiderio di fuga nel romanticismo: "Se dicessi che qui parlo dei Fiorito o dei Batman mentirei - ammette - volevo raccontare invece Guido e Antonia. Trascorrere un paio d'anni con queste due persone che amo molto. Che hanno una verità umana che valeva la pena di essere mostrata. Un'opera cinematografica deve soprattutto avere la capacità di emozionare". Anche se, va detto, in filigrana la difficile vita italiana di oggi emerge comunque: in particolare la volgarità, l'inciviltà e la carica di violenza di una certa Roma, fatta di periferie ma anche di locali notturni del centro.
E poi ci sono loro, i due protagonisti. A cominciare dalla debuttante Thony: "Ero po' stupita dalla proposta di Virzì di farmi fare l'attrice - rivela - e anche impreparata: ma poi mi sono buttata. In certi momenti sul set, come dice Paolo, forse sono sembrata strafottente: ma non lo ero". Luca Marinelli, invece, non dice neanche una parola: afasico nella vita, colto conversatore nel film.
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