Lettrici e lettori, attenzione.
Per la prima volta questo blog ospiterà una pillola biografica di un uomo.
E non è il Radioamatore.
Vedete questo bel tomo qui?
Apolo Anon Ohno, uno dei principali atleti nello short track dei primi anni duemila (e con il vizietto delle gomitate e delle partenze false).
Non parliamo di lui, ma parliamo di short track, ed esattamente della finale dei 1000 metri delle olimpiadi di Salt Lake City, nel 2002. Ohno è il superfavorito e vince i suoi quarti di finale in scioltezza, seguito da Marc Gagnon, un altro dei papabili per l'oro. Gagnon viene però squalificato e passa il terzo, un atleta australiano, che nei 1500 metri era uscito al secondo turno: Steven Bradbury.
A scanso di equivoci, diciamolo subito: Bradbury era un buon atleta, con alle spalle un bronzo olimpico nel 1994 e tre medaglie ai mondiali nei 5000 metri. Ebbe però, nel 1994 e nel 2000, due incidenti gravissimi (nel primo ebbe l'arteria femorale recisa da un pattino, rischiò di morire dissanguato). La sua carriera aveva subìto un colpo d'arresto.
#noncelapossofare.
A Salt Lake City era pronto a fare una gara al massimo delle sue possibilità, ma non a grosse sorprese. Quindi la semifinale ottenuta per la squalifica di Gagnon era già un bel risultato.
Ma.
In semifinale un groviglio incredibile fa cadere gli avversari e Bradbury passa alla finale A, quella delle medaglie.
E qui entrano in gioco Ohno (vi ricordo, il superfavorito) ed il suo vizietto. Bradbury è ultimo quando cadono gli altri quattro atleti (Ohno si porta dietro un canadese ed uno dei tanti coreani che adora abbattere); pista libera ed oro olimpico.
Oltre che per un'esilarante cronaca della Gialappa's e per il fatto di essere il primo atleta dell'emisfero australe a vincere un oro olimpico, Bradbury va ricordato per la sua frase contro il #noncelapossofare.
"Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la
medaglia col minuto e mezzo della gara. L'ho vinta dopo un decennio di
calvario"
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